QUARANTENA
Ecco Hotel Covid a Varese
L’Ibis dice sì, «ma la burocrazia non corre veloce come il virus». L’Ungheria ospita personale dell’Esercito giunto per gestire il “drive in” dei tamponi, anche il Cristal disponibile
Il bando emesso nei giorni scorsi ha sortito l’effetto sperato. Alcuni alberghi sono pronti sia a diventare Hotel Covid, per positivi che non sanno come vivere l’isolamento, sia ad accogliere personale sanitario alle prese con la pandemia.
Varese si è fatta avanti. L’Ibis Hotel e il Cristal hanno aderito. «Siamo pronti da giorni ad accogliere persone che hanno contratto il Covid ma stanno bene – spiega il titolare Ruggero Ghezzo - La struttura dell’Ibis permette di compartimentare gli accessi. Abbiamo detto sì, ma la burocrazia non si muove così velocemente come il virus. Stiamo ospitando sette tra medici e infermieri, dicono che gli ospedali sono pieni. La necessità c’è, ma a noi non è stato ancora confermato nulla».
Verrà accolto chi deve trascorrere 14 giorni isolato ma non ha la possibilità di farlo a casa propria. Ibis ha ingressi autonomi e un ascensore dedicato. In tutto ci sono 73 camere da convertire a singole. Altre 43 sono in centro, al Cristal, da oggi libero da altri clienti.
«Metteremo i pasti in vassoi fuori dalla porta, daremo prodotti per la pulizia, per sanificare, vedremo se ci manderanno qualcuno o troveremo ditte specializzate – racconta Ghezzo – Lo dovremo fare ogni volta che si libererà una stanza, ma noi già sanifichiamo ogni spazio, il personale è istruito da mesi, ma qui serviranno protocolli specifici che ancora non hanno dato».
All’Hotel Ungheria sono disponibili ad accogliere personale sanitario e, da ieri, già lo fanno. Simone Segafredo rispetto all’idea di ospitare positivi parla di «opportunità con controindicazioni». «Se diventi Covid Hotel non puoi più ospitare i clienti tradizionali. Vero che al momento sono pochi, ma ci sono – dice – Anche altri colleghi di Varese stanno pensando a questo. Noi già sanifichiamo ogni volta che cambia cliente, ma è chiaro che ospitare persone in quarantena asintomatici o paucisintomatici vuol dire che il personale non potrà entrarvi in contatto. È un tipo di gestione completamente diverso. Da imprenditore potrei dire che piuttosto che avere zero fatturato, questa è una chance di riempire le camere. Ma abbiamo anche altre persone che ci chiedono ospitalità. Un mix non sarebbe pensabile».
Un’altra idea pesa sulla scelta: «C’è la paura di venire etichettati, un domani, come albergo del Covid. Anche se è più rischioso andare a fare la spesa».
L’Ungheria, come in marzo, ha rinnovato la convenzione con Regione per il personale sanitario. In marzo otto medici accolti, da ieri tre camici bianchi dell’esercito, giunti a Vedano per animare il drive in dei tamponi. Altri potranno arrivare, «magari infermieri che affrontano turni pesanti, che non si sentono sicuri per la loro famiglia».
Scelte necessarie, un pizzico di coraggio. Ma non è così semplice. «Abbiamo raccolto una sola manifestazione di interesse di fronte al bando Ats – spiega Daniele Margherita, presidente di Federlaberghi – Molti, in realtà, stanno valutando l’ipotesi di chiudere, perché di clienti ce ne sono pochi. In questa stagione si lavora con l’area business, un tantino ferma senza fiere né congressi. L’ultimo Dpcm ha limitato fortemente gli spostamenti, non c’è mercato. Certo, 85 euro al giorno per camera con pazienti Covid sono una tentazione. Alcuni chiedono, ma nessuna conferma».
Per strutture da 200 camere non ha senso restare aperte, sarebbe antieconomico. Qualcuno ragiona sui bandi Ats, «ma ogni struttura ha dinamiche diverse – evidenzia Margherita – Quelle a conduzione famigliare ce la fanno vendendo solo qualche camera, per chi gestisce grosse dimensioni è difficile. L’ipotesi Covid è da valutare, si deve dare sicurezza a ospiti e personale. Per medici e infermieri restano valide le convenzioni. Una ventina di strutture avevano accolto sanitari, alcuni lo stanno rifacendo».
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