LA CURIOSITÀ
Anche bussare alla porta è un’arte
Incarnano un patrimonio iconografico e antropologico. Sessantancinque esemplari in ferro: sono i picchiotti della collezione Cesati

Leoni dalle fauci spalancate, draghi e serpenti dalla doppia testa, sirene fluttuanti tra le onde, acrobati a testa in giù, delfini affrontati, misteriose figure antropomorfe abitano i battacchi in ferro, piccoli capolavori usciti dalla fantasia e dalle mani abili di ignoti fabbri. Per secoli questi battacchi hanno vegliato su soglie e dimore in tutta Europa. Al Labirinto della Masone a Fontanellato (Parma) sessantacinque esemplari forgiati tra il XIV e il XVIII secolo, selezionati dalla prestigiosa collezione Cesati, sono i protagonisti della mostra Knock Knock Knock. Guardiani di ferro dalla collezione Cesati, a cura di Alessandro Cesati e della Fondazione Franco Maria Ricci. La raccolta di Fiorenzo e Alessandro Cesati inizia alla metà degli anni Settanta del secolo scorso, quando Fiorenzo, all’interno di un più ampio e sistematico programma di ricerca sul ferro antico, comincia a raccogliere e studiare questi oggetti, affascinato dagli esiti artistici spesso sorprendenti e inattesi della lavorazione di un metallo utilizzato da secoli per produrre un’infinita quantità di manufatti. Si tratta di picchiotti del tipo ad anello – già presente nel mondo antico, spesso in bronzo, più raramente in ferro – e a martello, tipologia introdotta nel Medioevo, entrambi declinabili in numerose e diverse varianti, a intreccio geometrico o fitomorfo, o espressione di un immaginario fantastico che sembra ripreso dai bestiari medievali. Lungi dall’essere solo l’esito di un valido lavoro artigianale, questi oggetti straordinari incarnano un patrimonio iconografico e antropologico di rara suggestione, in cui perizia esecutiva, funzionalità e potenza simbolica si fondono fino a elevarsi al rango di vere e proprie opere d’arte. Il loro valore si intreccia con quello della porta, di cui sono fedeli custodi, in funzione di genius loci, il cui significato spesso affonda in tradizioni antiche e precristiane. «Ogni porta– scrive Edoardo Pepino, direttore del Labirinto della Masone - è già di per sé un diaframma, in equilibrio fra il Dentro e il Fuori. Non è il semplice manufatto dotato di una funzione, ma un’intenzione, una opportunità, un’idea. È anche un gesto, aprire e chiudere: lo stesso dualismo che vige tra un incontro e un addio». Come si legge nel saggio Stefano Salis in catalogo, la porta, «confine, punto di passaggio e di trasformazione tra stati o mondi, incarna, da sempre, nel pensiero simbolico, il rito del traversamento e dunque la dialettica tra interno ed esterno, noto e ignoto, sacro e profano». Se dietro la porta si nasconde una realtà sconosciuta – pensiamo alle tante porte della letteratura – il gesto di bussare è, spiega Carlo Donà, «la metafora perfetta della voglia di conoscenza umana». Ammirando questi sorprendenti lavori, valorizzati dagli scatti di Massimo Listri, maestro delle soglie e dei silenzi, e dall’allestimento di Maddalena Casalis e Elisa Rizzardi, che ne svela i dettagli, il dinamismo delle pose e le rifiniture di piume, riccioli, muscoli e sguardi, si prova la sottile emozione di entrare in un mondo in cui il confine tra noto e ignoto è ancora avvolto in un velo di mistero.
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