PAROLA DI PROF
«Rapidità e ironia»: ormai i giovani parlano così
Alessandra Ferrario, docente di filosofia al liceo Frattini di Varese: «La scuola è in ritardo sui cambiamenti»

A volte sembra di aver a che fare con marziani, persone provenienti da un altro pianeta. Ma i giovani, parlando soprattutto tra pari, non usano parole storpiate e frasi senza grammatica, ma una forma espressiva dinamica e complessa. «Considerato che faccio parte della Generazione X, negli ultimi dieci anni mi sono stupita e incuriosita di fronte a moltissime parole che descrivono aspetti della realtà per come la percepisce la Generazione Z. Il loro linguaggio che, però, muta, come è normale, continuamente, ha l’esigenza di comunicare in modo rapido, sintetico e autentico, seguendo lo stile della comunicazione online e, contemporaneamente, rappresenta una curiosa miscela di ironia e gioco linguistico – afferma Alessandra Ferrario, professoressa di filosofia che insegna al liceo artistico Frattini di Varese –. Una mia studentessa timida, ad esempio, per spiegarmi il suo imbarazzo nel presentarsi al gruppo di amici del fidanzato mi ha detto: “Prof, mi sono cringiata un sacco”. Espressione che rende immediata la percezione di tutte le sfumature di imbarazzo che ha provato. Ma anche i termini che esprimono le relazioni sono importanti, ad esempio “fra”, “bro”, “zio”, “amo” indicando tipologie di relazioni molto specifiche e diverse tra loro. Ciò che ho imparato dal loro linguaggio, che, come spesso ribadisce la sociolinguista Vera Gheno, è un “linguaggio ampio”, è, che, i giovani si mostrano molto più rispettosi delle “differenze” in ogni campo; ripudiano, attraverso le parole, il sessismo, l’abilismo, l’omofobia».
Considerando che il linguaggio giovanile è in continua evoluzione, ricco di contaminazioni e neologismi, possiamo paragonarlo a una forma d’arte contemporanea in costante divenire?
«Non credo che il linguaggio giovanile (né quello della nostra generazione né di quella attuale) possa essere considerato di per sé una forma d’arte, piuttosto credo manifesti una grande creatività e capacità di gioco che, spesso, noi adulti non riusciamo a cogliere. Quindi temo che la domanda vada posta “a rovescio”, ovvero, come noi adulti e docenti possiamo cogliere nella fluidità e creatività del linguaggio dei giovani la loro capacità di riconoscimento delle diversità, capacità che la mia generazione non ha avuto e ne è testimone l’uso improprio che abbiamo fatto di molti termini, da quelli che descrivono la disabilità, a quello delle diversità di genere e molto altro. Perciò dobbiamo continuare a chiederci cosa possiamo imparare dal loro linguaggio e come possiamo rispettarne le istanze. Voglio sottolineare, con un esempio, tutto ciò. Parole come catcalling, molestia sessuale, etc., non appartengono alla mia generazione perché, in una società pochissimo attenta al sentire femminile come quella in cui io sono stata adolescente, noi abbiamo sopportato comportamenti che ci hanno offese e umiliate anche perché quei comportamenti e quei sentimenti, non avendo rappresentanza nelle parole, erano indicibili e, quindi, non venivano riconosciuti per quello che erano».
Come può la conoscenza del linguaggio giovanile (es. termini, modi di dire, riferimenti ai meme o ai social) essere uno strumento per creare un ponte di comunicazione con gli studenti, senza però perdere l’autorevolezza del ruolo di insegnante?
«L’unico modo che un/una insegnante ha per creare un ponte è quello di continuare ogni giorno a coltivare la curiosità per le nuove parole che nascono dal mondo dei propri studenti e scoprirne la ricchezza di significato perché ciò comporta in noi una maggior capacità di comprensione ed empatia. Il nostro linguaggio ha una ricchezza diversa perché la nostra formazione è stata diversa, e dal nostro linguaggio, altrettanto, gli/le adolescenti possono imparare moltissimo. Questo significa, quindi, non derogare dalla propria storia ma confrontarsi con una storia diversa. Credo sia questo che può permettere ai/alle docenti di mantenere la propria autorevolezza».
Da un punto di vista didattico, il linguaggio giovanile, con la sua ricchezza di neologismi e contaminazioni, può essere integrato nelle attività di un liceo artistico? Ad esempio, può diventare spunto per progetti creativi che esplorino l’evoluzione del linguaggio e le sue forme espressive?
«Sarebbe interessante porre la domanda ai miei colleghi e alle mie colleghe delle discipline artistiche che sarebbero sicuramente più titolate di me nel rispondere, ma, vista anche la vocazione di una parte dell’arte contemporanea nell’uso del linguaggio come segno portatore di significato, credo che il lavoro artistico non possa prescindere dalla ricchezza del linguaggio giovanile, che è espressione della ricchezza del loro sguardo sul mondo e sulla realtà. L’evoluzione della scuola nel suo complesso è purtroppo ancora molto in ritardo rispetto ai cambiamenti che i giovani esprimono, ma, sicuramente, il liceo artistico rappresenta un luogo di elezione in cui poter coniugare la creatività verbale con quella artistica».
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